di Nicola Carmignani e Ivano Eberini
La produzione e diffusione di contenuti sui vecchi media, quali radio, TV e carta stampata, si è sempre servita di figure professionali ben riconosciute. Non tutti sono bravi a generare contenuti e non tutti sono originali, acuti, profondi, sensibili, però quasi nessuno è naïf per quanto riguarda le strategie comunicative classiche.
Col tempo è arrivato il momento dei blogger, che hanno in un certo senso affiancato la carta stampata e hanno permesso anche a ‘non professionisti’ di esprimere la propria opinione. Per un lungo periodo, comunque, questa possibilità è rimasta appannaggio di un numero ristretto di utenti. La connessione a internet non era molto diffusa e la massa della popolazione era comunque prevalentemente offline, inchiodata davanti alla TV.
Il problema è iniziato con la diffusione dei social network, che hanno visto una massa critica di popolazione spostarsi dai vecchi media verso quelli nuovi. Al momento abbiamo circa 38 milioni di italiani (su una popolazione di 59,80 milioni – fonte) che, di tanto in tanto, si collegano – principalmente a Facebook – per farsi un’idea di ciò che succede online. E accanto ai fruitori di contenuti sono arrivati i produttori degli stessi, che spesso si sono il male peggiore. Una marea di persone improvvisatesi autori, copy, social media manager, esperti di comunicazione, che spesso tanto esperti non si dimostrano e che finiscono per commettere errori grossolani, in cui la comunicazione, molto spesso chiassosa ma povera, si fa anche triviale, becera e spesso dannosa per lo stesso brand.
Non moltissimo tempo fa, è esploso sui social il caso Melegatti, a causa di un post di cattivo gusto sia dal punto di vista grafico sia contenutistico. Una mattina pubblicano sulla propria pagina Facebook un’immagine, un fotomontaggio del tutto discutibile e malfatto, contenente una frase da diario della scuola dell’obbligo anni ’80, in cui con poche parole si cerca di far passare un messaggio superficiale, che lega amore e rispetto per il prossimo con l’aspetto esteriore e l’orientamento sessuale.
Entro pochi minuti il popolo social si accorge di questa grafica e inizia a commentare online (una delle prime a segnalare il fatto su Facebook è stata Selvaggia Lucarelli).
Trascorrono ancora alcuni minuti e il post misteriosamente sparisce, sostituito con una grafica simile, che cercava grossolanamente di rimediare al danno.
Poche ore dopo, l’azienda, al culmine dell’imbarazzo, si giustifica con un comunicato ufficiale, nel quale si dissocia dalle suddette attività, poiché sostiene fossero svolte senza la propria partecipazione diretta da un’agenzia esterna. Con questo gesto, Melegatti mostra di aver completamente sottovalutato la rilevanza di questo canale di comunicazione e della partecipazione all’ideazione e alla scelta dei contenuti proposti.
Qui potete leggere la storia intera, mentre qui potete trovare un interessantissimo approfondimento.
In pochissimo tempo Google reagisce agli eventi e durante la ricerca ci propone termini decisamente poco positivi per la reputazione del brand.
I trend di ricerca del termine “melegatti” su Google si possono vedere tutt’oggi: https://www.google.it/trends/explore#q=melegatti. Si osserva infatti il picco relativo al post incriminato del 20 novembre e dei giorni a seguire. Non è un caso che proprio in quei giorni i competitor del brand siano associati nei suggerimenti di Google.
Le acque si sono calmate da un po’ e abbiamo monitorato i profili social di Melegatti. Il livello comunicativo è decisamente cambiato e i contenuti mostrano una componente più creativa. La strategia comunicativa appare completamente rinnovata e sembra essersi concentrata su contenuti adatti alla propria audience e più rappresentativi del proprio brand.
Si è intensificata l’attività di pubblicazione e soprattutto si è osservato un ritorno a temi classici, che passano dalla storia aziendale alle notizie di attualità (ad esempio, la partecipazione del testimonial Valerio Scanu al Festival di Sanremo), sfruttando anche le mode del momento in ambito social: GIF animate e brevi video “Instagram style”.
Valerio Scanu a #Sanremo2016: Twitter e Facebook
Non mancano nemmeno le attività di newsjacking o di real-time marketing: ecco le creatività pubblicate in relazione al caso “petaloso“, tanto dibattuto online in questi giorni.
Anche la comunicazione visuale ha virato tendenzialmente, il che suggerisce una reale rivoluzione che ha cambiato il comandante di timone.
Il profilo Instagram forse rende meglio l’idea.
Prima
Dopo
Questo episodio dovrebbe ricordarci che la comunicazione social non può essere sottovalutata in alcun modo. Di casi simili a questo, negli ultimi anni, ne abbiamo visti diversi, ma per ora sembra che le aziende non abbiano ancora la percezione esatta della potenza comunicativa di questi nuovi media.
Il consiglio è di affidarsi per la comunicazione a dei professionisti, perché è molto facile fare danni che poi non sono esattamente semplicissimi da riparare.
Tenetevi lontani dai comunicatori e dagli esperti di social media improvvisati e ricordate che, quando decidete di affidare la vostra comunicazione a qualcuno, gli state dando la possibilità di parlare a vostro nome e di rappresentare il vostro brand.
In questo post, potete trovare alcuni consigli pratici di gestione dei commenti sui social network.
I social sono giovani, trendy e da qualche giorno anche petalosi… ma se l’azienda è quella che si fregia di aver inventato il pandoro, forse è meglio che scelga un registro “tradizionale” per la propria comunicazione, piuttosto che consigliare accoppiamenti esclusivi tra bellissimi eterosessuali in un letto imbottito di cornetti.
Canali ufficiali Melegatti:
Facebook: https://www.facebook.com/Melegatti.it/
Twitter: https://twitter.com/Melegatti1894
Instagram: https://www.instagram.com/Melegatti/